Il percorso di Nuova Simonelli, dal calcolo LCA dell’impatto ambientale alle tecnologie in grado di ridurre energia e sprechi.
Qual è l’impatto ambientale di una macchina da caffè espresso? E come fanno le tecnologie della macchina da caffè espresso a ridurre l’impronta ecologica? Sono sette anni che il team di ingegneria di Simonelli Group, insieme ai ricercatori del dipartimento Design Tools & Methods dell’Università Politecnica delle Marche e del Cluster Marche Manufacturing*, hanno affrontato queste problematiche per creare non solo macchine da caffè ad alte prestazioni, ma anche per cercare di renderle il più possibile sostenibili dal punto di vista ambientale.
Come si misura l’impatto ambientale di una macchina da caffè?
Lo strumento più utilizzato è il Carbon Footprint che esprime in CO2 equivalente (CO2eq) l’effetto serra totale direttamente o indirettamente su un prodotto. Per verificare l’impatto ambientale della macchina da caffè, si applica il Life Cycle Assessment (LCA), un metodo standard (IS= 14040 e 14044). Questo verifica l’influenza che un prodotto, un processo o un servizio ha sull’ambiente durante il suo ciclo di vita, a partire dalla produzione fino allo smaltimento della macchina. Il calcolo LCA è molto utile in quanto misura in modo accurato e immediato l’impronta che ogni prodotto lascia nel nostro ecosistema. Questo strumento ci permette di valutare l’impatto ambientale di una macchina da caffè espresso per stabilire soluzioni che possano contenere e massimizzare questi valori.
I risultati del calcolo LCA:
Il metodo LCA determina i risultati sommando tutti i fattori esterni come i materiali utilizzati (tipo, quantità, peso, ecc.), la logistica dei componenti, l’intera fase di produzione e i metodi di trasporto del prodotto finale nel mercato mondiale. Questo primo gruppo calcola l’impatto della produzione; poi, si aggiunge l’impatto del consumatore, che include tutta l’energia consumata durante il ciclo di vita del prodotto, fino alla fase di “fine vita” delle macchine, dove vengono smantellate e riciclate. In quest’ultima fase, l’impatto dipende dal materiale; se si tratta di un materiale altamente riciclabile, lo smantellamento del prodotto non è altro che positivo.
La fase di produzione di una macchina da caffè tradizionale a 2 gruppi può avere un valore compreso tra 550 e 850 Kg di CO2 eq, che equivale a una persona che viaggia in aereo da Sydney a Perth. Durante la fase di smantellamento, un massimo di CO2 eq che può essere recuperato è di 110 Kg. Tuttavia, la fase di consumo durante il calcolo del Carbon Footprint di una macchina da caffè è quella dominante. Ha un tasso che può variare dal 95% al 99% della produzione totale di CO2 eq. Molto dipende dalle condizioni d’uso e dall’intensità, che può significare il numero di bevande erogate e il tipo di energia del paese in cui opera.
La fase di consumo: il calcolo LCA per i diversi stili di utilizzo.
Per valutare l’impatto ambientale dell’intero ciclo di vita di una macchina da caffè espresso, i ricercatori del dipartimento R&S di Simonelli Group, insieme al team DT&M, hanno predisposto due scenari su cui basare il calcolo in base ai diversi stili di consumo presenti sui vari mercati. Il primo scenario ha come protagonista una caffetteria (Coffeeshop1), dove c’è una preponderanza di preparazione del caffè, come si vede nella maggior parte dei negozi italiani ed europei. La seconda situazione ha un caffè (Coffeeshop2), dove le bevande a base di latte sono la maggioranza, che si trova principalmente nel mercato americano e in altri mercati. In entrambi i casi è stata ipotizzata una durata media della macchina di 5-7 anni, mentre sono stati ipotizzati tre diversi livelli di intensità di consumo dei dispositivi, identificati come intensivo, medio e basso.
È stato riscontrato che l’impatto ambientale di Coffeeshop2 è mediamente superiore del 50% rispetto a Coffeeshop1 (in tutte e tre le intensità di livello). Come si vede nel grafico sopra, l’impatto della fase di produzione è minimo rispetto all’impatto della fase di consumo. Più alta è l’intensità dell’attività dell’utente, minore è l’impatto della produzione.
Tecnologie in grado di ridurre l’impatto ambientale di una macchina durante la fase di consumo
L’analisi di cui sopra è il punto di partenza di un progetto iniziato otto anni fa tra Nuova Simonelli e DT&M, con l’intento di trovare tecnologie in grado di ridurre drasticamente l’emissione di CO2 della fase di produzione e di consumo, mantenendo e possibilmente aumentando i livelli di prestazione.
Un obiettivo impegnativo che ha già dato risultati soddisfacenti, come si è visto attraverso le varie tecnologie che hanno fortemente ridotto il consumo di energia, pur mantenendo alti livelli di prestazione. La tecnologia T3 di Aurelia Wave è un esempio. Garantisce la massima costanza del risultato durante l’intera giornata lavorativa e risparmia energia (anche meno emissioni di CO2) circa il 30-40% in più rispetto a una macchina con tecnologia diversa. La tecnologia EasyCream (presente in Aurelia Wave e Appia Life) insieme alla tecnologia ClimaPro dei macinacaffè Mythos 2 e Mythos 1, hanno contribuito anche alla riduzione dell’impatto ambientale. Grazie a un sistema di dosaggio più preciso e coerente, queste tecnologie possono ridurre gli sprechi e l’energia. Proprio come nel sistema Autopurge di Aurelia Wave, possiamo vedere una diminuzione dello spreco di acqua a causa della corretta procedura di pulizia della macchina.
È così che un progetto saggio e tecnologie avanzate contribuiscono a creare una macchina ad alte prestazioni e sostenibile.
*Cluster Marche Manufacturing, una partnership pubblico-privata composta da Università, Istituti di Ricerca e Aziende che studia le esigenze e le necessità dei produttori, con l’obiettivo primario di promuovere una lavorazione efficiente e automatizzata che diminuisca l’impatto ambientale, mantenendola orientata all’uomo.